Si lasciano mai le case dell’infanzia?

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Nella città contemporanea si assottiglia lo spazio dell’alterità, si accorcia la distanza delle differenze, così può capitare che persone di universi e mondi lontani, vivano vicinissime; così come può capitare che, a dispetto della prossimità fisica, tutti, i diversi, diventino tra loro invisibili.

In questo libro lo sguardo di Luca Tortolini va in direzione contraria: si ferma negli spazi di contiguità, non sorvola ma affonda gli occhi nelle differenze e con parole scarne e vere ce le racconta. Come fossimo passanti seguiamo la voce narrante in questo viaggio tra le case di bambini, abitazioni diverse da quella di chi scrive, ciascuna a suo modo unica e intimamente simile alla famiglia che la abita.

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Le case vissute e presentate nel libro non sono semplici edifici; lo spazio abitato da Matteo, da Lorena, da Simone e da tutti gli altri, trascende il luogo fisico e si presenta come il luogo della cura, del calore, del sentimento. Ogni casa racconta il bisogno di ciascun bambino di potersi riconoscere all’interno di un mondo familiare, che protegge e custodisce memorie e desideri. Poco importa se sono case fatte di mattoni, oppure no, se sono azzurre come il mare o puzzolenti come il cavolo: ci sono infiniti modi di essere casa e infiniti modi di essere bambini.

Due doppie pagine dedicate a ciascun casa e a ciascun bambino: la prima comincia sempre con lo stesso incipit ‘C’è la casa di…’ e ti svela in poche righe qualcosa dell’edificio; la seconda dice l’emozione di chi la abita, così attraversi  i luoghi e senti le risate, il silenzio, l’odore di una casa.

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I disegni sono una fonte inesauribile di informazioni sulle abitudini di ogni luogo; ogni singolo gesto figurato non è isolato dal resto dell’immagine: tutti gli elementi, le persone, gli oggetti, le architetture, i colori, partecipano alla costruzione della struttura d’insieme dell’illustrazione, delle sue finalità semantiche e narrative. Puoi guardare il più piccolo dettaglio senza mai perdere l’atmosfera generale della tavola.

Come spesso accade il racconto per immagini di Claudia Palmarucci si arricchisce di rimandi, di omaggi e citazioni. Si tratta di raffinate incursioni che possono provenire dalla storia dell’arte, dal cinema o dal catalogo di una casa editrice; tanti piccoli dettagli che ritrovi sui fogli e che si accostano alla narrazione principale per rafforzarne il significato simbolico. Così la prosperità delle veneri primitive, il giardino segreto dove si vive l’amor cortese, la famiglia di Carlo IV, si uniranno nella descrizione delle case, come fossero pezzi di una narrazione che ha radici lontane.

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Questo libro fatto di tante case e tanti bambini parla a ciascuno di qualcosa di personale e universale, il bisogno di un punto fisso nello spazio da cui partire ogni giorno e a cui fare ritorno nel corso di una giornata o di una vita, correndo svelto o al passo lento dei ricordi.

Le case degli altri bambini, di Luca Tortolini, illustrato da Claudia Palmarucci, Orecchio Acerbo, 2015

 

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